Carissssssssimi!!!
Il tempo vola e noi ci ritroviamo alle soglie del nostro rientro a casa (breve pit stop di un mese)… se non ci sono cambiamenti il 15 novembre toccheremo il suolo della nostra madre patria dopo 2 anni di lontananza!!
Vi aggiorniamo sulle ultime vicende dalla nostra Namahaca: come sapete da qualche mese sono con noi 3 suore della Sacra Famiglia, Giulia, Ducilene e Dionizia, e da un mesetto (dopo 5 mesi di corso makua) anche padre Simone, perciò la nostra equipe è al completo con 2 preti, 3 religiose e 2 laici! Non manca nessuno… il volto della Chiesa in tutte le sue espressioni!
È bello sperimentare questa vita di equipe con persone e vocazioni differenti tra loro, ma che hanno la voglia e sentono l’importanza di vivere fino in fondo la “corresponsabilità”… ogni decisione è presa sedendoci attorno ad un tavolo, cercando di ascoltare la realtà, a volte così difficile da interpretare, proponendo ciascuno la sua idea e arrivando ad un consenso in cui nessuno vale più dell’altro (non sempre è così facile… ma almeno ci proviamo). Ci sentiamo di vivere un’esperienza straordinaria di Chiesa, in cui la vocazione al sacerdozio, alla vita religiosa e al matrimonio hanno davvero la stessa dignità e la stessa “voce in capitolo” in materia di pastorale, promozione umana, servizio ai poveri… di chiesa insomma.
Tra l’altro, qui la pastorale non è solo catechismo, eucarestia per gli anziani, animazione per i bambini, ma è promozione della donna, è giustizia e pace (conoscenza della dottrina sociale della Chiesa, visita ai carcerati, studio delle leggi mozambicane sulla famiglia, sulla violenza domestica, sistema penale, legge della terra…), è comunicazione sociale (cioè lettura di giornali e commento insieme sulle notizie più importanti a livello locale, interno e internazionale)… una pastorale sociale che viviamo insieme alla gente di qui, che è molto “laica” nei temi e nei destinatari, in cui siamo e ci sentiamo pienamente inseriti.
Perciò, ringraziamo il Centro Missionario di Verona, con il suo direttore e le diverse equipe, per aver fortemente voluto un’esperienza di questo tipo e siamo infinitamente grati al Signore per averci scelti per incarnarla! Viverla qui per dire che “è possibile” e se è possibile qui può esserlo anche altrove!
Per quanto riguarda il resto della nostra comunità missionaria veronese in Mozambico, cioè i nostri “colleghi” della missione di Memba-Cavà, è bello poter vivere in comunione anche con loro, crescere insieme condividendo le difficoltà, le gioie e lo stile missionario. Siamo e ci sentiamo la stessa missione perché inviati dalla stessa chiesa di Verona e impegnati a stare/fare missione secondo le stesse linee e prospettive: non staremo qui per sempre, lavoriamo per diventare “inutili” e lasciare nelle mani di questa gente la propria chiesa e il proprio futuro. La prospettiva, come ci insegna san Daniele Comboni e come vivono quotidianamente i nostri fratelli maggiori comboniani e comboniane, è “salvare l’Africa con l’Africa”.
In particolare, ci sentiamo molto vicini a Francesca e Nicolò, la coppia di Tregnago che vive a Memba da alcuni mesi. Poter condividere con loro da laici fidei donum lo stesso tipo di esperienza non solo ci rafforza nella nostra scelta (non siamo gli unici ad averci pensato!), ma ci permette anche di vivere momenti unici di condivisione: sanno di cosa parliamo per esserci dentro come noi… la fatica e nello stesso tempo la forza dell’essere coppia in questo contesto, l’incomprensione della gente del non avere figli alla nostra età (come spiegare che a 30-35 anni suonati sposati da 4 non abbiamo ancora procreato… ??), qualche inquietudine nel pensare al futuro una volta rientrati a casa… insomma, le piccole e grandi cose che occupano la nostra mente e il nostro cuore e che, condivise, si ridimensionano e si alleggeriscono!
Come molti di voi sapranno, nel mese di luglio abbiamo ricevuto delle graditissime visite: Franco, Maria Grazia, Umberto, Francesca e Stefano hanno vissuto con noi un po’ di tempo accompagnandoci nella nostra vita qui in missione e in qualche uscita in comunità… stile Overland! Abbiamo approfittato anche per far conoscere loro un pezzetto di Mozambico e sinceramente, non perché adesso è la nostra casa, ma vi assicuriamo che è davvero una terra bellissima! Che dire su questi intensi giorni passati insieme con loro… potremmo raccontarvi della grande gioia degli abbracci iniziali, del rompere un’”astinenza” da rapporti familiari e aria di casa che durava da un anno (dalla visita dei genitori), del ritrovarsi dopo tanto tempo ma come se fosse stato solo ieri che ci siamo salutati, del sentire i racconti di vita, le gioie e le sofferenze dei mesi passati lontani, di godersi un po’ di sano pettegolezzo su questo e su quello… ma soprattutto vi diciamo quanto sia stato importante avere con noi, a sentire, annusare, toccare con mano, dei testimoni… loro ci aiuteranno a descrivere, raccontare, rendere visibile quello che vediamo, sentiamo, sperimentiamo… e loro ci ricorderanno tra qualche anno che tutto questo è successo veramente!
Con Francesca e Stefano abbiamo dato il via ufficiale al progetto microcredito nella nostra zona con una cerimonia alla presenza del regolo, massima autorità locale, e degli altri capi della zona. Francesca e Stefano hanno rappresentato l’associazione GAMP di Verona che ha deciso di appoggiare il progetto (e ringraziamo di cuore). A partire dalla prossima settimana apriremo le iscrizioni per tutti gli agricoltori che vogliano ricevere il piccolo prestito e migliorare la propria attività. Chiederemo loro di partecipare a qualche incontro di formazione, verificheremo le loro “capacità imprenditoriali” e in ottobre procederemo all’erogazione del prestito.
Ed ora qualche considerazione in generale sulla realtà che stiamo vivendo…
Sono poco meno di due anni che siamo qui ma già notiamo alcuni cambiamenti significativi. A partire dal piccolo mondo di Namahaca, che sta crescendo come “centro urbano”, vediamo una differenza nel modo di vestire (sempre meno gente scalza e sempre meno magliette e pantaloni strappati, donne spesso truccate, ben pettinate e ben vestite), nel numero di moto che girano (anche José, collaboratore della missione, se n’è appena comprata una!!) e di cellulari… che vengono a chiederci di caricare! Non sappiamo dire se questi sono segnali di sviluppo, ma di cambiamento di sicuro.
Probabilmente Namahaca risente della crescita di Nacala, la città a noi più vicina che nel giro di due anni si è letteralmente trasformata: passata lo scorso anno da un’amministrazione RENAMO (partito all’opposizione) ad una FRELIMO (partito al potere) ha visto una impressionante iniezione di capitali e l’avvio di numerosi nuovi progetti. È stato aperto il cantiere per la costruzione del nuovo aeroporto internazionale (probabilmente entrerà in funzione poco dopo la nostra partenza…!?) e a breve dovrebbe aprire quello per la costruzione di una linea ferroviaria che porterà carbone dal Malawi al grande porto di Nacala (il secondo a livello nazionale, noto per la profondità dei fondali fino all’interno della baia, caratteristica che consente l’attracco anche alle navi più grandi direttamente in porto). Tutte opere affidate a ditte brasiliane… Brasile da grande conquistato a grande conquistatore!
Il nascere di queste nuove infrastrutture ha dato il via ad una corsa all’accaparramento dei terreni limitrofi alla città per l’edificazione di grandi magazzini di stoccaggio delle merci, di impianti di raffinamento del petrolio, cementifici, ecc. Queste mega-strutture crescono come i funghi, soprattutto ad opera di imprese cinesi, indiane e sudafricane (i paesi BRICS all’attacco dell’Africa… qui ci manca solo la Russia!) e stanno cambiando in maniera rapidissima il profilo della città e il tessuto sociale di alcune aree.
Una delle conseguenze nefaste è lo sradicamento di intere comunità dalle terre in cui vivono da generazioni. Non si tratta solo di spostare la propria casa, una cosa per noi relativamente semplice e abituale, spostare la propria abitazione significa sconvolgere la rete sociale di appartenenza, smembrando il nucleo familiare, sia dei viventi che dei defunti. Le famiglie, infatti, si raccolgono in un unico luogo costruendo le case per i loro figli e nipoti nelle vicinanze e seppelliscono i loro morti ai piedi di alberi di baobab o frangipane vicino alle abitazioni. Per un africano i defunti continuano a vivere in mezzo ai vivi, influenzandone la vita, non visibili, ma “vivamente” presenti (per questo si offrono loro cibo e capulanas, tessuti, per continuare a mangiare e vestirsi). Il makua non esiste come singolo, esiste, nel senso che vive, si relaziona, si esprime, solo come membro e parte della famiglia, intesa come famiglia allargata, clan. Il soggetto, l’individuo come lo percepiamo noi, cioè come persona che sceglie il proprio stile di vita, le proprie relazioni, il proprio lavoro, il proprio partner, il luogo dove vivere, ecc. non esiste nella mentalità makua (e africana in genere). Tutto è vissuto, discusso, ponderato e scelto a livello familiare, ad opera di nonni, zii, genitori… Per questa ragione sradicare le persone dal luogo dove vivono costituisce un evento sconvolgente. Spostarsi in un altro posto senza questa rete relazionale significa creare un forte disagio nelle persone, che non sanno più come decidere, comportarsi, “pensarsi”, sono degli “spostati”.
Purtroppo il governo mozambicano non sembra interessarsi molto di questi drammi di tanti suoi concittadini, concedendo grandi appezzamenti di terra a imprese straniere. Queste in breve tempo (e certamente dietro pagamento di bustarelle a vari gradi dell’amministrazione statale) ottengono il titolo di uso e godimento della terra (qui non esiste la proprietà privata, la terra è tutta di proprietà dello stato) e il diritto di scacciare, senza grandi preavvisi e con indennizzi irrisori, le popolazioni residenti.
A fronte di questi grandi problemi sociali, noi come cristiani della diocesi di Nacala ci siamo interrogati su quello che potremmo fare, su come aiutare le persone a proteggersi da questi poteri forti che passano sopra (e calpestano) le loro teste. Anche nel territorio della nostra parrocchia di Namahaca, che è lontana da Nacala e non vive di questi grandi sconvolgimenti, accadono più in piccolo di queste cose, con tratti della bellissima costa nella zona litoranea concessi a imprese straniere per aprire splendidi e lussuosissimi (e blindatissimi) resort elodge da Mille e una notte, con conseguente allontanamento della gente del posto e chiusura alla pesca di larghi tratti di mare (che non succeda che un bianco che sta facendo il bagno osnorkeling nelle acque cristalline dell’Oceano Indiano si incontri con un negro che sta pescando e “deturpando” l’ambiente!)
Come commissione di Giustizia & Pace della diocesi si è pensato così di avviare un’opera di divulgazione della “legge della terra”, una legge mozambicana promulgata nel 1997, che riconosce il diritto di uso e godimento della terra a coloro che “segundo as normas e práticas costumeiras”, cioè secondo le norme e prassi consuetudinarie, occupano quella terra con case, campi, cimiteri, e ne usano riserve idriche e forestali,da generazioni. Questo importante riconoscimento nella legge scritta di pratiche tradizionali è dovuto all’opera di una suora comboniana brasiliana, avvocato, invitata a partecipare ai lavori di raccolta del materiale, riflessione e stesura del testo di legge negli anni ’90. Irmã Paula ha premuto per ottenere il riconoscimento di questo diritto non scritto per le popolazioni che vivono da sempre in certi luoghi, perché per loro sarebbe difficilissimo riuscire ad ottenere da soli (e senza bustarelle da poter allungare) un titolo scritto nel catasto di Nampula.
Ora, il nostro obiettivo come Giustizia & Pace è far conoscere alla gente la legge e il loro diritto sulla terra degli antenati e cominciare alcune esperienze pilota di affiancare le comunità locali (regulados, cioè piccoli regni) nell’ottenimento di un titolo scritto collettivo, aiutandoli nel processo di accatastamento dei terreni. In questo modo anche loro possono avere in mano un pezzo di carta da presentare al “mucugna”, bianco o straniero, di turno che si presenta per accaparrarsi le loro terre e il loro mare.
E così muniti di legge e lavagnetta ci riuniamo con il regolo e la popolazione sotto un albero di cajù per spiegare loro le parolone difficili della legge e cercare di renderli consapevoli del loro diritto. Qui, come in ogni altro posto al mondo, “il potere” ha interesse a tenere le persone nell’ignoranza e inconsapevoli dei loro diritti e poteri per fare i propri giochi sulla loro pelle. Per questo è una gioia per noi incontrare la gente e vivere assieme a loro queste piccole grandi esperienze di crescita della coscienza comune!
E così cresciamo anche noi in questa esperienza di chiesa-profeta che non ha paura di parlare e di agire contro il potere… a piccoli passi, senza fare proclami o muovere guerre ideologiche, ma affermando con serenità e fermezza il valore della persona e delle persone nelle loro aggregazioni sociali e difendendo con i mezzi a disposizione i diritti dei più poveri: in questo nostro contesto mozambicano, con la legge della terra per i “camponeses”; in altri contesti, in altri mille modi che lo Spirito suggerisce… speriamo.
Bene, da parte nostra è tutto per ora! Ancora un paio di mesi per i dettagli dal vivo!
Non contateci i capelli bianchi quando torniamo… soprattutto a Emiliano! (macchè.. sono biondi, si sono solo schiariti col sole!)
A presto!!!!!
Lu e Emi
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