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Archive for ottobre 2010

Un’altra voce…

Ciao carissimi! Eccoci qua!

Speriamo di trovarvi in salute e che le vostre attività continuino serenamente giorno dopo giorno.

Per quel che ci riguarda, noi stiamo bene. In questi giorni festeggiamo il nostro primo annivesario dall’arrivo a Namahaca. Se da un lato sembra ieri che siamo partiti e ricordiamo ancora con commozione saluti e abbracci di addio, dall’altro ci rendiamo conto di quante cose sono successe in questi mesi, quante piccole e grandi gioie provate, quante piccole e grandi difficoltà superate e ci sentiamo già un po’ più “esperti”… cioè sempre più incapaci di dire qualcosa di certo su ciò che vediamo, sentiamo, sperimentiamo!

E questi stessi sentimenti abbiamo ritrovato in una lettera che ci ha inviato un’amica missionaria in Etiopia. Ci sembra che descriva esattamente quello che passa per la nostra mente e per il nostro cuore al riflettere sulla realtà che stiamo vivendo e così abbiamo pensato di girarvela così come ci è arrivata, senza modificarne una parola. Siamo certi che lei non se ne avrà a male perchè è un dono che lei ha fatto a noi con gratuità e semplicità e con lo stesso animo noi lo facciamo a voi!

 

 

“Eccomi qui dopo 1 anno e mezzo a Gighessa… Più sto qui più mi accorgo di come mi riesca difficile mantenere i contatti con voi… non tanto per la mancanza di tempo, come potrebbe credere qualcuno, nemmeno per la mancanza di argomenti (qualcosa succede sempre), ma più per l’inadeguatezza delle parole che ti costringe a cadere sempre sul banale, alimentando l’idea mitica che si ha della missione, oppure ti porta ad esagerare in modo pessimistico dando una visione distorta della realtà. Raccontare della missione costringe chi la vive a fare una scelta… mi limito a dire quello che la gente vuol sentire e da sempre si sente raccontare oppure scrivo quello che realmente accade con il rischio però che pochi riusciranno davvero a capire fino in fondo!!!
Gli ospiti e chi sente parlare della missione è colto da un entusiasmo che è sano e normale per coloro che hanno fatto questo tipo di esperienza… ma è davvero giusto che l’immagine della missione sia data da racconti del tipo… “i bambini ridono tutti” oppure “in africa sono tutti sporchi e vivono nelle capanne” “senza di noi (bianchi) chissà come sarebbero indietro” ” là non lavora nessuno” continuo ad interrogarmi su queste cose, continuo a chiedermi se è giusto che la gente vada avanti a credere questo della missione o se sia meglio iniziare a far passare un altro tipo di messaggio. Dietro ad ognuna di queste affermazioni e di mille altri luoghi comuni esistono un mare di spiegazioni e di confutazioni e neanche un missionario che vivesse qui l’intera vita riuscirebbe a capirle o a scoprirle tutte. Spesso da una parte all’altra della nostra nazione non riusciamo a capire gli atteggiamenti che ci differenziano, spesso da una parte all’altra della nostra città o dall’altra parte del muro di casa con il nostro vicino non riusciamo a capirci… pensate quindi che sia possibile liquidare con 4 luoghi comuni un popolo che per storia cultura e tradizione è lontano anni luce da noi???
Scusate la filippica, queste cose sono parecchio che mi girano in testa e poi fra qualche mese probabilmente tornerò a casa per una pausa e sono sicura che mille persone mi chiederanno, mi faranno domande sulla missione e quindi il dilemma si fa ancora più pressante… cosa vado a raccontare???
Se raccontassi che anche qui i bambini litigano, piangono, fanno i capricci… che anche qui il problema dell’alcolismo esiste anche tra persone che non diresti, se dicessi che tanti non han voglia di lavorare e ai pochi che l’avevano sta passando ma molti giovani hanno una gran voglia di studiare, se parlassi di tutti quelli che rubano, che chiedono incessantemente solo perchè sono abituati a pensare che la missione e i missionari sono ricchi e che quindi sono legittimati a farlo… certo voi capireste e accettereste tutto questo perchè sono io a dirvelo ma quello che ci sta dietro??? Anche ora mentre rileggo quello che ho scritto mi accorgo della pochezza e dell’inadeguatezza dei concetti. Ogni luogo, ogni missione ha una sua storia che è indelebilmente segnata dalle persone che ci vivono e da quelle che ci passano anche per un breve periodo, questo costruisce l’idea che di missione si ha in Italia e questo forgia l’idea che gli etiopi si fanno degli stranieri. Ogni nostra azione, ogni nostra affermazione, sia che siamo qui per lungo tempo, sia che veniamo per un breve periodo, ha delle ripercussioni sia in Italia che qui in missione anche se noi non ce ne accorgiamo.
Spesso si sceglie la strada più semplice in quello che si fa, senza valutare le reali conseguenze della nostra azione e senza pensare a quale sia la modalità migliore per affrontare una determinata situazione “…il bambino è nudo diamogli dei bei vestiti portati dall’Italia” dietro questa semplice azione che considerazioni si celano??? tu genitore non sei in grado di comprare dei vestiti a tuo figlio; i vestiti italiani sono meglio dei vestiti etiopi, io posso darti tutto quello di cui hai bisogno basta che chiedi… questo poi a cosa porta… loro continuano a chiedere, se uno si azzarda a non dare una volta viene etichettato come cattivo in confronto alla persona che invece ha dato, chi glielo fa fare di comprare vestiti periodicamente se c’è qualcuno che glieli dà… ecc.
Immaginate tutto questo a lungo termine, su larga scala e riguardante anche cose più importanti dei vestiti… immaginate appunto che conseguenze può avere… Quelle comunque che si vedono tutti i giorni… la credenza diffusa in occidente di considerarci un po’ i salvatori del mondo e l’abitudine che si vede un po’ qui (non so in altre parti dell’Africa) di continuare a chiedere e di appoggiarsi in modo pericoloso al “soldo” straniero. Ribadisco che ogni situazione è completamente diversa da un’altra quindi le mie considerazioni sono strettamente legate al luogo ed al tempo in cui sto vivendo, non mi permetterei mai di cadere nella trappola della generalizzazione, questo significa che ciò che è dannoso qui non è detto lo sia anche da un’altra parte.
Chiedo perdono se alcune o tutte queste cose le avevate già sentite soprattutto a qualcuno con cui ne avevo già discusso, certo non è la solita mail di racconti di vita missionaria ma avevo voglia di condividere con voi questi pensieri e sarei anche felice se mi scriveste le vostre opinioni!!!” (Elisa Mantova)

 

 

Ecco, non abbiamo una sola parola da togliere o da aggiungere. Grazie Elisa! Hai messo in parole i nostri pensieri e noi non avremmo saputo farlo meglio!

Spesso si sceglie la strada più semplice in quello che si fa, senza valutare le reali conseguenze della nostra azione e senza pensare a quale sia la modalità migliore per affrontare una determinata situazione”… Tutto questo per dire che la realtà è complessa. È sempre più complessa delle nostre facili semplificazioni. Che Dio ci guardi dalle semplificazioni!

Con questo pensiero e questo augurio vi mandiamo un grande abbraccio!!

Estamos juntos!!

Lu & Emi

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