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Archive for gennaio 2010

Salama, amusi aka? Ihali? Salama!
Tutto bene, amici? Novità? Noi tutto bene!
Ormai sono passati tre mesi dal nostro arrivo qui in Mozambico e almeno qualche parolina in makua, la lingua locale, riusciamo a dirla… se non altro un paio di battute di saluti riusciamo a scambiarle. Il problema è che quando la gente ti sente parlare makua si entusiasma e comincia a parlare, raccontare, fare domande… e lì casca l’asino! Comunque, vediamo che le persone apprezzano i nostri tentativi da “mucugna” (uomo bianco) di avvicinarci e parlare la loro lingua e ci facciamo qualche sana risata insieme!
Ma i migliori sono i bambini… con loro la comunicazione trova le vie più diverse… in particolare con la nostra affezzionatissima Banda Bassotti, composta da: Minimani e Marisa, i due capoccia, Salimani, il secondo (che è sempre pieno di terra dalla testa ai piedi), i gemelli Amitthu e Amutthu e la sorella Selma, Julieta, sorellina di Minimani, Ermenegildo (l’unico che due paroline in portoghese le conosce) e la più piccola, Flor de Maria. Sono loro che ci accolgono quando torniamo dalle nostre uscite e ci accompagnano in giro quando andiamo a visitare le famiglie qui nel villaggio ma soprattutto sono loro che compaiono in un lampo quando ci accingiamo a raccogliere papaie e manga nel nostro giardinoe al grido “papaia madura” o improvvisando la “dança da manga” riescono sempre a strapparci qualche frutto!
Quanto ai nostri ritmi di vita qui, sono molto diversi da quelli veronesi: la sveglia è alle 5.30 (ma la gente qui si alza intorno alle 4 e sfrutta il più possibile le ore “fresche” del mattino), il pranzo a mezzogiorno e la cena ore 19 (quando il sole è già sceso da un bel po’), noi che possiamo permetterceli….
Durante il giorno Emiliano è impegnato nei vari lavori di sistemazione e manutenzione delle varie strutture presenti, con un gruppetto di 5 lavoratori locali con i quali sta instaurando un bel rapporto, nella gestione del magazzino della parrocchia e in appoggio ai padri e alle suore nella gestione “logistica” e nelle attività di pastorale (gli incontri di formazione si svolgono durante il giorno, alla sera senza elettricità è un po’ difficile spostarsi e pensare a delle attività)
Lucia, oltre ad appoggiare preti e suore nella pastorale, ora che con l’inizio dell’anno scolastico il 18 gennaio ha aperto le porte il “lar” (studentato) femminile, ha a che fare con 25 adolescenti makua (la cultura è differente ma l’adolescenza è uguale in tutto il mondo!). Il livello della formazione è generalmente basso, come vi raccontavamo nell’ultima mail, perciò c’è un grande lavoro da fare per insegnare a ragazze di 6° e 7° classe (1° e 2° media da noi) a scrivere bene, a leggere capendo ciò che leggono e a far di conto (le tabelline sono dolori per tutti i bambini!!). Le giornate sono sempre belle piene (ma chi l’ha detto che in Africa si lavora poco!?), perciò alla sera si va a letto presto, alle 21 o 21.30 al massimo!
Se le nostre giornate sono intense, ancora di più lo sono per la gente… già alle 4.00 di mattina sono in “machamba”, nel campo, a lavorare e non ci sono ovviamente mezzi meccanici ad aiutarli! Perciò stanno tutto il giorno piegati in due a “capinar” (muovere la terra e togliere le erbacce) e, in questo periodo, a seminare. Siamo nella stagione delle pioggie e adesso è il momento di lanciare la semente nella speranza che cada ogni giorno pioggia sufficiente (e non troppa…) per farla germogliare. Se da noi un po’ ce lo siamo dimenticati, abituati come siamo ai mezzi della tecnica che “alterano” le stagioni, qui non ci si può scordare che è la natura la padrona della vita, che feconda la terra e che fa nascere (o morire), ed è solo lei a scandire tempi e ritmi di semina, germinazione, crescita e raccolto. La vita della gente è appesa a questi tempi e il ritardo di solo qualche settimana nell’arrivo delle pioggie può significare fame per molti.
La vita della gente… è incredibile osservare come vive questa gente qui nel “mato”, nella savana… la loro esistenza è praticamente a impatto zero sull’ambiente (quanti chili di rifiuti produce ciascuno di noi giornalmente…??). Vivono in capanne fatte con mattoni di fango e “capim”, paglia, consumano solo prodotti della terra, oltre ad allevare qualche gallina e qualche capra, non usano prodotti chimici di alcun tipo e non consumano energia (non c’è energia elettrica qui e girano solo pochissime moto e rarissime auto, le nostre!). Il confronto con il nostro stile di vita è imbarazzante… ci rendiamo conto che vivere in mezzo ai poveri non è facile e non tanto perché sia brutto o difficile vedere in ogni posto capanne, gente vestita poveramente con maglie e pantaloni spesso sporchi, strappati o scuciti, che gira a piedi nudi o con scarpe o ciabatte bucate e spesso una diversa dall’altra… certo l’impatto, anche visivo (e olfattivo), non è facilissimo per i nostri occhi (e naso) abituati al pulito, all’ordine, al bello e profumato… ma a questo ci si fa presto l’abitudine (ci si abitua a tutto nella vita…!), no.. quello che continua a risultarci difficile è accettare la sproporzione tra il nostro e il loro stile di vita: con la loro presenza sembrano denunciare ogni giorno questa ingiustizia … quello che fino a ieri è stato un modo di vivere normale per noi, ora ci sembra improvvisamente ingiusto… perché per noi si possano spendere ogni giorno centinaia di meticais (la moneta locale) in cibo, medicinali, vestiti, mentre loro, i nostri vicini di “palhota”, capanna, devono vivere con 40-50 mt per famiglia, cioè con un euro (44 mt cambio attuale) al giorno? La paga di un operaio è di circa 60 meticais giornalieri, di un “campones” 40, ma qui nel “mato” ognuno coltiva il proprio campo e mangia quello che produce) e le famiglie sono composte normalmente di 6-8 persone… il conto pro capite è semplice. È vero che il costo della vita è in generale inferiore ma medicinali, cibo, vestiti (tutto di importazione, purtroppo..!) hanno costi incredibilmente alti per loro: 40 mt un paio di infradito, 60 mt una bottiglia di olio di semi. A volte abbiamo la sensazione che la nostra vita valga più della loro… e non è che stiamo abbassando drasticamente il nostro stile di vita, perché ci siamo resi conto che noi non possiamo (più) vivere senza determinate “condizioni” (varietà di cibo, un frigo per conservarlo, acqua filtrata, paracetamolo per febbre, dolori, ecc.) e privarcene vorrebbe dire per noi soffrire e ammalarci (e qui è senz’altro meglio non ammalarsi!), ma sentirci “accusati” non da parole, né da gesti provocatori, ma da vite, da persone sempre affabili e disponibili con noi, beh… non è facile. Un’accusa lanciata da un provocatore, da un violento porta a chiudersi, difendersi e reagire, un’”accusa” lanciata da un povero che degnamente cerca di portare avanti la vita propria e della propria famiglia ti entra dentro e porta all’auto-critica, a qualche rinuncia al momento di fare la spesa, alla vergogna in alcuni momenti, alla com-passione quando è il cuore che si lascia smuovere…
Queste sono le nostre prime sensazioni e pensieri… non si tratta né di giudizi, né tanto meno di verità assolute, solo di prime reazioni che salgono “dalla pancia” e che cerchiamo di sistemare nella testa per non restare confusi e disorientati di fronte alla nuova realtà!
E così, in questo contesto di vita, è passato il nostro primo Natale… non è facile sinceramente passare le feste lontani da parenti e amici, se poi ci si aggiunge che la temperatura esterna era di 35° e che il panorama non aveva nulla di tipicamente “natalizio” (neve, babbi natale, luci, addobbi,…) beh… è stato davvero strano! Le nostre luci intermittenti sono state le lucciole alle finestre, il nostro albero di Natale le “mangueiras” cariche di manga appesi come palline e il nostro presepe… beh, in quello praticamente ci viviamo dentro visto che siamo circondati di capanne! È stato bello festeggiare la notte di Natale in un cappella in mezzo al “mato” al lume di candela, ricordare e rivivere la nascita di Gesù tra i poveri… lui povero ci è nato davvero, noi ci proviamo solo a stare in mezzo a loro ma poveri noi non lo saremo mai sul serio…
Questi sono alcuni spezzoni e le prime reazioni sulla nostra esperienza africana… stiamo cercando di entrare sempre più nel vivo puntando a non perdere nulla di quanto può offrirci!
Ci dispiace se ultimamente le comunicazioni sono risultate un po’ scarse, ma i viaggi in città per collegarci ad internet sono sempre rari e non sempre c’è rete, in più in questo periodo anche la rete dei cellulari funziona a singhiozzo… noi scriviamo sms che sembrano partiti ma non arrivano lì e così, a quanto pare, anche voi scrivete ma spesso noi non riceviamo… ehhhh, è la vita dell’Africa!
Bene, non ci resta che salutarvi tutti con un calorosisssssssimo abbraccio e invitarvi a continuare a scriverci e farci sentire la vostra vicinanza nonostante le difficoltà di comunicazione!

Cercate l’indirizzo del blog della nostra missione (non ce lo ricordiamo ma con una ricerchina su google “missione Namahaca” è facile) dove potete leggere qualcosa di noi e vedere qualche foto (quelle ad ora pubblicate sono solo dei nostri primissimi giorni). Tra qualche settimana approfitteremo della visita di una amica per mandare altre foto riguardanti le nostre giornate e le attività qui a Namahaca (purtroppo è impossibile mandarle via internet.!).

Beijos
Lucia e Emiliano

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