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Archive for Maggio 2010

Carissimi! Ben ritrovati! Dopo lunga assenza dalla rete ci rifacciamo vivi su questi canali… vi assicuriamo che non è mancanza di volontà la nostra, tutt’altro! Anzi, ci piacerebbe leggere con più frequenza le mail che ci inviate: abbiamo ricevuto tanti sms “eh, vi ho mandato una mail qualche tempo fa, l’avete ricevuta?” o “perché non rispondete alla mia mail?”… vi ringraziamo degli invii e ci scusiamo ora ufficialmente, tentando di spiegare la nostra situazione: come sapete, i nostri viaggi in città (e agli internet point) sono abbastanza rari, ora dopo l’uscita delle suore dalla missione si sono rarefatti ancor di più, vista la necessità di accompagnamento 24 h su 24 delle ragazze del lar. In questo ultimo mese si è aggiunta anche una novità: una nave entrando nel porto di Inhambane, nel centro del Mozambico, ha tranciato i cavi della fibra ottica di Mcel, la principale (di 2…!) compagnia di comunicazione del paese (e anche la più diffusa… quella che arriva anche qui nel mato per intenderci!!). Risultato: la rete saltata in tutto il Mozambico, cellulari a singhiozzo, sportelli bancomat chiusi, banche con attività ridotte al minimo, professori che non ricevono il salario e fanno lo sciopero bianco (beh, quello è normale, in realtà…!). Insomma, il paese intero nella confusione più totale! Ora pare che siano stati ripristinati i collegamenti e contiamo che vi arrivi questa mail con i nostri saluti più affettuosi e il nostro forte abbraccio!

È curioso come un incidente tutto sommato modesto possa trasformare in un momento la vita di un intero paese … questo ci fa ricordare, più in piccolo, quanto abbiamo sperimentato sulla nostra pelle qualche tempo fa. Ecco i fatti.

Una mattina vengono a chiamarci dal centro di salute qui di Namahaca per una urgenza: una ragazza di 16 anni, Fatima, sta per partorire, ma il bimbo è trasversale e c’è bisogno di un cesareo. L’ambulanza di Namahaca è (come sempre) in riparazione e l’ambulanza più vicina, quella di Memba, si trova attualmente a Nampula a fare scorta di antimalarici. Serve la nostra macchina per trasportare la ragazza all’ospedale di Nacala, ad un’ora e mezzo di pista da qui, dove si trova l’unico chirurgo della zona in grado di operare. Così partiamo. Fatima, la ragazza, è seduta tra l’infermiera e la cognata, con la flebo al braccio. Noi siamo davanti. La pioggia dei giorni scorsi ha fatto cadere un ponte a metà del cammino, così dobbiamo prendere un’altra strada, molto più lunga e molto più brutta della solita, piena di buche, enormi pozzanghere e pericolo di interrare, ma è l’unica che porta a Nacala. Ad ogni buca Fatima geme e a volte urla dal dolore. Si cerca di procedere lentamente e con cautela, ma questo significa metterci molto tempo. Il dubbio è: andare più lentamente e sobbalzare un po’ meno o accelerare un po’ e sentire le urla di Fatima. Arriviamo a Nacala dopo 2 ore e mezza, Fatima viene preparata subito per l’operazione. Speriamo bene.

Noi ripartiamo subito sapendo che è meglio non viaggiare la notte con le strade in quelle condizioni. Dopo circa mezz’ora troviamo un camion interrato. Occupa l’intera larghezza della strada e non si passa, bisogna aspettare che gli uomini riempiano la buca formata dalla ruota che slittava nel fango, con terra, rami e frasche, perché possa ripartire. Il camion è stracarico di tronchi di ebano (certamente di contrabbando) e soprattutto stravecchio, senza parabrezza, tutto arrugginito, con un motore ad urlare di dolore ed un omino a versare acqua sul radiatore ogni 5 minuti per raffreddarlo… una scena da film! Comunque, dopo circa 30 minuti riesce a ripartire e anche noi riprendiamo il cammino.  Dopo neanche un’altra mezz’ora troviamo a lato della strada la macchina di Padre Ottavio,  un padre missionario italiano,  che ha forato. Tirando fuori la ruota di scorta,  si è accorto che anche quella era forata e così si è fermato,  in attesa di aiuto. Ci fermiamo e montiamo la nostra ruota di scorta sulla sua auto. Ripartiamo entrambi. Ancora un tratto di strada e troviamo un cajueiro spezzato ad ostruire la strada. Lucia si arrampica tipo Tarzan per spezzare il ramo. Per fortuna intervengono alcuni uomini ad aiutarla e liberano il cammino. Finalmente riusciamo ad arrivare a Namahaca. È notte fonda. Ci infiliamo in casa chiudendoci la porta dietro le spalle e ringraziando Dio di essere arrivati interi e… in casa troviamo un bel serpentello ad attenderci in corridoio! È uno di quelli piccoli neri,  entrato chissà come in casa,  soprannominato dalla gente di qui “não vale a pena”,  nel senso che se ti morde non vale la pena correre all’ospedale perché non lo raggiungeresti vivo. Lucia prende un martello e presa da ira divina lo ammazza,  poi lo carica sul badile e lo porta fuori per seppellirlo. È l’epilogo di questa lunga lunga giornata. [per la cronaca: pochi giorni dopo l’accaduto abbiamo montato una seconda porta,  di rete,  all’ingresso della nostra casa… così, anche quando rimane aperta quella di legno non possono entrare ospiti indesiderati!!]

Continuiamo il racconto. L’indomani si presenta un altro caso urgente al centro di salute,  ci chiedono un altro viaggio a Nacala. L’ambulanza è sempre in riparazione e la strada è sempre quella pessima del giorno prima. Ma la ragazza, 15 anni stavolta, non può aspettare: un altro parto difficile che ha bisogno di cesareo. Parte Emiliano da solo con l’infermiera. A mezzogiorno Emiliano è già di ritorno: è troppo presto per essere già andato e tornato, perciò deve essere successo quello che non doveva succedere… forare un pneumatico! Considerato che la ruota di scorta della nostra macchina si trovava a Memba con Padre Ottavio, Emiliano aveva portato un’altra ruota di scorta che pareva essere dello stesso modello… al montarla sulla macchina scopre che non entra. Così lascia la macchina, con la partoriente e l’infermiera, lungo la strada (dove viene arrangiato un piccolo ospedale da campo con capulane distese per terra e flebo appesa ad un palo infilato nel terreno..) , chiede un passaggio in bicicletta fino al più vicino posto amministrativo (della serie in due in bici in mezzo al fango, e che bici..!!). Lì chiede un passaggio in moto fino a Namahaca. Tornato a casa trova Don Silvano e per fortuna anche le suore che mettono a disposizione la loro auto (con pneumatici a posto); quindi, Silvano va a prendere la partoriente per portarla a Nacala e lui prende la moto della missione e va a Memba a recuperare la nostra ruota di scorta, da là parte per raggiungere la macchina rimasta lungo la strada, cambia il pneumatico forato e torna a casa. In tutto ciò: un giorno intero fuori casa, 4 persone coinvolte, 3 auto, 2 moto, 1 bici.

Visto che l’esperienza insegna, da tutto ciò abbiamo tratto alcuni spunti utili per il nostro futuro africano: primo, ci sono troppe variabili da controllare e quindi semplicemente non si riesce a controllarle tutte (è bene saperlo); secondo, è inutile cercare di tenere tutto sotto controllo, le cose che non vanno come vorresti sono troppe… se ti arrabbi ogni volta rischi esaurimento e dolori al fegato; terzo, meglio cercare di restare calmi e accettare che non tutto è nelle nostre mani e magari, se si riesce, farci anche una bella risata sopra (questo non sempre si può e non sempre si riesce a fare); quarto, osservare quello che accade, prendere un problema alla volta e cercare di trovare una soluzione per quello senza perdere la calma (agli altri problemi ci si pensa dopo)… “stranamente” qualcuno che ti aiuta e che ti viene incontro comunque lo trovi sempre, qui i buoni samaritani esistono ancora; quinto, affidare la nostra vita a Colui che tutto sa e tutto può, come ogni africano sa fare ogni giorno per quell’innato senso del sacro che lo caratterizza.

Un’ultima cosa da registrare: abbiamo saputo in seguito che Fatima ha avuto due gemelli… nessuno dei due ce l’ha fatta a sopravvivere. La ragazza accompagnata da Silvano il secondo giorno ha perso anche lei il suo bambino.

Da questo traiamo un sesto insegnamento: mai sentirsi degli eroi e cantare vittoria per aver aiutato una persona bisognosa… non siamo noi i padroni della vita e della morte e i piani di Dio sono sempre molto più alti e più insondabili di quanto sia umanamente pensabile.

Scusate se vi sembriamo diventati improvvisamente guru ad offrire pillole di saggezza a basso prezzo, ma sinceramente rimane una fatica e un amaro in bocca dopo giornate come quelle descritte sopra (e non sono e non saranno le uniche…), per cui sentiamo il bisogno di mettere ordine e di distillare lo spirito buono che sta in ogni cosa, anche la più cattiva! E questo distillato abbiamo pensato di condividerlo con voi, perché i nostri occhi qui siano anche i vostri occhi e il nostro cuore sia in comunione con il vostro.

Beh, per non lasciarvi pensierosi aggiungiamo solo che… noi stiamo bene!! Come avrete capito, qui non è tutto facile (…e dove lo è??) ma siamo contenti della scelta fatta… ormai abbiamo superato i 6 mesi, una malaria, l’uscita delle suore e l’aumento delle nostre responsabilità in missione, l’uscita di Padre Silvano da Namahaca destinato ad altra parrocchia e… tutto bene!! Davvero, ringraziamo il Signore di averci incamminato per questa strada e cerchiamo di percorrerla, tra buche e pozzanghere, nella maniera migliore possibile senza interrare! Speriamo che anche lassù, nell’emisfero boreale, le cose proseguano bene… in questi mesi abbiamo ricevuto da voi notizie più buone e meno buone …vi auguriamo di berne, comunque, il miglior distillato possibile. Siete sempre nel nostro cuore e anche se distanti… estamos juntos!

Siamo stati lunghi, ci dispiace… ma tanto la prossima volta che ci leggerete ve lo sarete già dimenticati!!

Un forte fortissimo abbraccio

Emiliano e Lucia

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